Google+ Asessualità. Tra repulsione e indifferenza, lontano dal piacere.

Asessualità. Tra repulsione e indifferenza, lontano dal piacere.

Asessualità . - Immagine: © celianestudio - Fotolia.com


Se le forme di rifiuto e di astensione dal sesso, generalmente definite come castità, sono sempre state dichiarate oltre che valorizzate in alcune culture religiose, negli ultimi anni è emerso l’interesse scientifico per quello che vuole essere descritto come un fenomeno “nuovo”: l’asessualità.


La storia della sessualità è stata soprattutto storia della repressione sessuale, dei meccanismi che l’hanno socialmente designata e culturalmente tramandata, fino all’epoca della tanto attesa (e mai pienamente raggiunta) liberazione sessuale.

L’epoca moderna e post-moderna sono state poi caratterizzate dall’ipersessualizzazione, dalla diffusione della pornografia e dalla banalizzazione dell’esperienza erotica, che hanno contribuito al calo del desiderio, sia maschile che femminile, in tutte le fasce d’età. Se le forme di rifiuto e di astensione dal sesso, generalmente definite come castità, sono sempre state dichiarate oltre che valorizzate in alcune culture religiose, negli ultimi anni è emerso l’interesse scientifico per quello che vuole essere descritto come un fenomeno “nuovo”: l’asessualità.

Il primo lavoro a riscontrare un dato significativo a riguardo è stato il rapporto Kinsey:
“nell’America degli anni ’50 la percentuale di chi non esprimeva nessun interesse per i comportamenti sessuali risultava andare da1l’ 1 al 4% negli uomini e dall’ 1 al 19% nelle donne. La ricerca sul tema viene rilanciata da Anthony Bogaert, professore di psicologia nell’ università canadese di Brock , che dal 2004 fino ad oggi si è occupato di analizzare quello che ha definito come « quarto sesso », una dimensione al pari delle altre nello spettro dell’orientamento sessuale”.

Nella prima ricerca di Bogaert su un campione britannico, l’ 1,05% delle persone intervistate ha dichiarato di “non essersi sentito mai sessualmente attratto da nessuno”.
Questa risposta correlata con altri dati ha permesso di trarre le seguenti conclusioni: in media, questa parte del campione presentava un’età più alta della media e con maggiori problemi di salute; inoltre si trattava di persone non sposate né conviventi e che, sempre rispetto alla media, avevano iniziato a fare sesso più tardi.
Queste ricerche sono state sostenute e approfondite da David Jay, fondatore nel 2001 dell’associazione Asexuality Visibility and Education Network (AVEN) che oggi conta 42 mila membri in tutto il mondo, dei quali 2 mila in Italia.
In un sondaggio internazionale realizzato da AVEN con la partecipazione di 3 mila iscritti, il 28% ha ammesso di cedere alle richieste sessuali del partner occasionalmente, il 17% di farlo regolarmente e il 25% di rimanere fermo sulle proprie posizioni.
Mentre al pensiero di immaginarsi durante un atto sessuale il 17% ha provato repulsione totale, il 38% repulsione moderata e il 27% indifferenza.
Questi dati, insieme alle interviste e ai racconti di vita, vengono presentati da AVEN in pubblicazioni e convegni, con l’intento di “informare chi non prova pulsioni sessuali e raggiungerlo perchè non si senta solo e diverso; educare le persone sia asessuali sia non, aiutandole ad approfondire la propria conoscenza del fenomeno; aumentare la visibilità per una futura integrazione tra stili di vita diversi”.

Lo scopo primario sembra quindi essere il riconoscimento sociale di una “categoria di persone” che vuole rimanere svincolata ma anche accettata dalle altre. Il proclamo è l’ orgoglio di vivere questa condizione non come una scelta ma come un orientamento sessuale, al pari di quello eterosessuale, omosessuale e bisessuale.

In una società nella quale avere una sessualità attiva e regolare è assimilata alla normalità, l’asessualità non vuole essere annessa a un trauma o ad una patologia.
Certamente le novità più recenti sono il coming out delle persone che si definiscono asessuali, con la voglia di sostenere le proprie motivazioni nonchè, soprattutto nei mass media, con il bisogno di conoscersi e di riconoscersi.
Come riflessione sulle ultime pubblicazioni in merito e sull’invito alla sessuologia ad assumere il punto di vista asessuale, in un gioco di specchi fra la follia della sessualità e la follia dell’asessualità, viene da spostare il focus della discussione dalla mancanza d’interesse per il sesso all’assenza del piacere.
Mi piace ricordare le parole di Foucault, che in una intervista del 1978 affermava:
Credo che sia molto difficile intraprendere una lotta nei termini della sessualità senza, a un certo punto, trovarsi intrappolati da nozioni come quelle di malattia della sessualità, patologia della sessualità, normalità della sessualità.” Per preservare la sessualità, nel corso della sua opera Foucault aveva spostato l’obiettivo sul piacere, prendendolo come “un semplice evento, un evento che si produce, che si produce al limite del soggetto, o tra due soggetti”.

Il piacere, dunque, questo semplice evento che si verifica o non si verifica, concerne soprattutto se stessi e, nella condivisione diventa la caratteristica prima della relazione con l’altro.

Data per raggiunta la legittimità e la legittimazione dell’asessualità, c’è una domanda che rimane ancora senza risposta: dov’è il piacere?