Cybersexual
addiction: il soggetto si dedica in modo sempre più compulsivo
all’uso di internet per trovare un partner o materiale erotico,
fino a considerare l’eccitazione che ne deriva come forma primaria
di gratificazione sessuale, e fino a ridurre l’investimento sul
partner reale. Inoltre il disagio scaturito dalla dipendenza porta il
soggetto a nascondere le proprie relazioni virtuali agli altri,
provando sentimenti di colpa o vergogna.
Nella
definizione di cybersesso rientrano tutte le modalità di utilizzo di
internet che possono determinare eccitazione e gratificazione
sessuale. Si tratta di attività fra loro differenti, che comprendono
la scrittura e la lettura di storie a contenuto erotico, la
frequentazione di chat rooms a contenuto sessuale, la visione di
filmati pornografici, l’ uso di web-cam per attività erotiche a
distanza e la ricerca di incontri con persone che si prostituiscono.
Riassumendo,
c’è il sesso vissuto e poi mostrato su internet, c’è il sesso
procurato tramite internet, ma c’è anche il sesso vissuto
esclusivamente in maniera virtuale.
La
cybersexual addiction è la dipendenza da queste attività
sessuali virtuali e rientra nelle categorie della dipenza da
internet.
Kimberly
S. Young, docente di Psicologia presso l’Università di Pittsburgh
e direttrice del Center for Online Addiction, ha tracciato un profilo
del cybersexual addicted : “Il soggetto si dedica in modo sempre
più compulsivo all’uso di internet per trovare un partner o
materiale erotico, fino a considerare l’eccitazione che ne deriva
come forma primaria di gratificazione sessuale, e fino a ridurre
l’investimento sul partner reale. Inoltre il disagio scaturito
dalla dipendenza porta il soggetto a nascondere le proprie
relazioni virtuali agli altri, provando sentimenti di colpa o
vergogna.”
Secondo
dati emersi di recente, questa dipendenza riguarda in Italia
prevalentemente i maschi eterosessuali, dai 33 ai 55 anni, sposati
nel 60% dei casi e separati nel 13%, capaci di passare da 11 a 35 ore
settimanali davanti al computer, spesso in orario lavorativo. Per
capire come si è arrivati alla diffusione di questo fenomeno bisogna
ripercorrere, brevemente, come l’incremento esponenziale dell’uso
di internet abbia modificato la pornografia e la prostituzione.
Il
settore hard, da evento pubblico nei cinema a luci rosse, è
diventato gradualmente un fenomeno privato con l’avvento del vhs,
del dvd e infine di internet.
In
Italia ci sono 35.000 siti pornografici per adulti; il 72% dei “porn
users” è uomo ed il 28% donne.
Siti
come youporn rappresentano l’evoluzione della filosofia dei
pornoconsumatori, che producono e condividono gratuitamente le
proprie prestazioni sessuali. Quando l’interazione con altri utenti
(attraverso webcam, telefono o chat) è soggetta a pagamento si entra
nel campo della prostituzione online. Il fenomeno, pure così
diffuso, rimane sconosciuto, sommerso e impunito, nonostante la
presenza di quattro sentenze della Corte di Cassazione in materia.
Le
n. 25464 e n.25465 del 2004 stabiliscono, infatti, che anche vendere
“sesso virtuale” è sfruttamento della prostituzione. La n. 36157
dello stesso anno precisa che per esserci prostituzione non occorre
un contatto fisico tra chi richiede e chi offre una prestazione
sessuale a pagamento.
Hanno
fatto molto scalpore, negli ultimi anni, le inchieste giornalistiche
sulle pornostudentesse, ossia sulle giovani donne che offrono sesso
virtuale (e in alcuni casi reale) per “mantenersi agli studi”. Il
giornalista Calderoni, che ha intervistato e conosciuto alcune di
queste ragazze, definisce l’incontro erotico mediato dalla rete
come un concentrato di emozioni, sessualità e relazione sociale
gestito secondo i principi dello scambio economico e della
velocizzazione dei tempi.
E’
il mercato, dunque, a creare il luogo dei bisogni e insieme della
loro soddisfazione, in cambio di denaro, ma forse non solo.
Bisognerebbe conoscere quali siano i costi delle conseguenze
psicologiche nella vita di chi vende il proprio corpo, anche solo
nella sua immagine, e di chi lo acquista.
L’anonimato
del web consente di osare, mostrandosi come più prestanti e più
sicuri di ciò che si è; l’uso seduttivo e narcisistico del corpo
porta a una facile soddisfazione dell’autostima, all’esercizio di
una libertà e di un controllo maggiore di quello che è possibile
esercitare nella vita reale; il piacere, vissuto in modo così
dissociato e onnipotente, esime da qualsiasi conseguenza sul piano
sociale e relazionale.
Appunto:
e la relazione? La relazione virtuale non può avere le stesse
caratteristiche di una relazione reale, che prevede un incontro
e un confronto con l’altro, con il suo corpo e la sua storia,
nutrendosi di fantasie e desideri valorizzati dall’attesa. Il sesso
on-line, invece, costringe direttamente a giochi stereotipati e a
dettagli pornografici, il tutto proiettato su uno schermo in cui io
guardo il mio stesso piacere senza mai incontrare quello altrui, pur
avendone bisogno per eccitarmi. Non è l’uso di internet,
naturalmente, ad essere incolpato, quanto il suo abuso, che comporta
numerosi rischi psicopatologici, tanto gravi quanto più precoce è
l’età in cui compare la condotta di dipendenza.
Fonte: www.stateofmind.it