Adulti equilibrati e amorevoli (uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, bisessuali o trans) possono essere ottimi genitori.
Il termine “omogenitorialità” è un neologismo che descrive
tutte quelle situazioni familiari in cui almeno un adulto omosessuale è
il genitore di almeno un bambino.
L’omogenitorialità si manifesta quindi principalmente in due condizioni:
▪ il desiderio di maternità e di paternità nelle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans;
▪ la responsabilità paterna e materna delle persone omosessuali che
nelle loro storie precedenti (anche eterosessuali, quindi) hanno avuto
figli.
In Italia questo è un tema delicato e complesso in quanto non esiste
una regolamentazione giuridica in merito: le persone e le coppie
omosessuali rischiano così una specie di clandestinità sociale e si
sentono ignorate anche in famiglie già esistenti, dove ad essere
coinvolti non sono solo gli adulti stessi, ma a volte anche i loro
figli.
Le famiglie omogenitoriali ormai costituiscono una realtà
vasta e variegata (è stato stimato che in Italia circa centomila minori
crescono con almeno un genitore omosessuale), che merita un
riconoscimento sul piano sociale, giuridico e psicologico.
In una società costantemente in evoluzione, non esiste più solo la
famiglia-tipo con padre-madre-figli, ma si osservano sempre più diversi modelli di famiglia in
cui alcuni pilastri fondamentali sono messi in discussione, in quanto
non coincidono più necessariamente i genitori biologici e i genitori
sociali (cioè tutte quelle persone che si definiscono “genitore”, ma che
non ne hanno il “diritto biologico”).
È il caso per esempio delle famiglie “ricomposte”, dove i figli di un
genitore divorziato convivono nella stessa famiglia con il nuovo
partner della madre o del padre.
Ed è il caso delle famiglie omogenitoriali.
Falsi miti e pregiudizi sulle famiglie omogenitoriali
Prima di approfondire l’omogenitorialità gay e lesbica crediamo sia
utile ricordare quali stereotipi continuano ancora oggi a circolare
quando ci riferiamo ad una famiglia composta da due uomini o due donne e
i rispettivi figli.
Il pregiudizio più radicato è sicuramente quello relativo al fatto che i figli devono avere una madre e un padre nel senso biologico del termine.
Resistono poi tutti quei pregiudizi legati all’orientamento
omosessuale come malattia: le lesbiche e i gay non sono in grado di
crescere un figlio, le lesbiche sono meno materne delle altre donne, i
gay sono pedofili.
E ancora: le relazioni omosessuali maschili sono promiscue e meno stabili di quelle eterosessuali e quindi non offrono garanzia di continuità familiare, oppure l’idea che i
figli di persone omosessuali siano a maggior rischio di problemi
psicologici di quelli di persone eterosessuali o che diventino più
facilmente omosessuali (anche se in fondo basterebbe pensare che un
figlio gay nasce e cresce seguendo il proprio orientamento omosessuale
in una famiglia eterosessuale).
Madri lesbiche, padri gay: cosa dice la ricerca scientifica internazionale in psicologia
Negli ultimi anni sono state presentate numerose ricerche
scientifiche che evidenziano come l’orientamento sessuale dei genitori
non incide sullo sviluppo “sano” ed equilibrato dei loro figli.
Le più grandi e accreditate associazioni americane e inglesi di psicologia e psichiatria, come l’American Psychological Association (APA), l’American Psychiatric Association e la British Psychological Society, dopo più di vent’anni di studi, si sono pubblicamente schierate a favore del diritto al matrimonio e all’adozione per le persone omosessuali.
I risultati delle ricerche internazionali dimostrano che i figli di
genitori gay o lesbiche si sviluppano emotivamente, cognitivamente,
socialmente e sessualmente esattamente come i bambini che hanno genitori
eterosessuali. L’orientamento sessuale dei genitori è molto meno importante dell’avere genitori che li amino e li educhino.
Per esempio l’American Psychological Association ha dichiarato:
«Non esiste alcuna prova scientifica che l’essere dei buoni
genitori sia connesso all’orientamento sessuale dei genitori medesimi:
genitori dello stesso sesso hanno la stessa probabilità di quelli
eterosessuali di fornire ai loro figli un ambiente di crescita sano e
favorevole. La ricerca ha dimostrato che la stabilità, lo sviluppo e la
salute psicologica dei bambini non ha collegamento con l’orientamento
sessuale dei genitori, e che i bambini allevati da coppie gay e lesbiche
hanno la stessa probabilità di crescere bene quanto quelli allevati da
coppie eterosessuali».
L’American Psychoanalytic Association risponde a chi sostiene che avere genitori omosessuali è contro l’interesse del bambino:
«È nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso
genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità
educative. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere
determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale».
E anche l’American Association of Child and Adolescent
Psychiatry ribadisce l’assenza di rischi neuropsichiatrici nelle
famiglie omogenitoriali:
“La base su cui devono reggersi tutte le decisioni in tema di
custodia dei figli e diritti dei genitori è il migliore interesse del
bambino […] Non ci sono prove a sostegno della tesi per cui genitori con
orientamento omo o bisessuale siano di per sé diversi o carenti nella
capacità di essere genitori, di saper cogliere i problemi dell’infanzia e
di sviluppare attaccamenti genitore-figlio, a confronto con
orientamento eterosessuale. Da tempo è stato stabilito che
l’orientamento omosessuale non è in alcun modo correlato a una
patologia, e non ci sono basi su cui presumere che l’orientamento
omosessuale di un genitore possa aumentare le probabilità o indurre un
orientamento omosessuale nel figlio. Studi sugli esiti educativi di
figli cresciuti da genitori omo o bisessuali, messi a confronto con
genitori eterosessuali, non depongono per un maggior grado di
instabilità nella relazione genitori-figli o disturbi evolutivi nei
figli“.
In una ricerca condotta su 14.000 madri di bambini nati in un anno in
Inghilterra, un campione di 19 famiglie costituite da una coppia
lesbica è stato confrontato con un gruppo di 74 famiglie eterosessuali e
con 60 madri single. Ebbene, non è stata rilevata nessuna differenza
rispetto ai seguenti parametri: coinvolgimento emotivo, soddisfazione
materna, frequenza dei conflitti, supervisione dei figli, comportamenti
dei bambini osservati dai genitori e dagli insegnanti, autostima e
presenza di disordini psichiatrici (Golombok et al., 2003).
Questi risultati sono stati confermati da un’altra indagine
effettuata su un campione di soggetti (più di 12.000 adolescenti),
grazie alla quale è stato possibile constatare che i ragazzi e le
ragazze con due madri unite da un legame matrimoniale non presentavano
differenze sistematiche con i loro pari riguardo autostima, depressione, ansia, successo scolastico, integrazione con i vicini e autonomia personale (Wainright, Russell, Patterson, 2004).
Anche l’Ordine nazionale degli psicologi italiani, nel 2012, in
occasione della Giornata mondiale contro l’omotransfobia, conferma «la
necessità di riconoscere come irrinunciabile e indispensabile la
possibilità degli omosessuali di vivere desideri, affetti, progetti di
vita e genitorialità senza bisogno di nascondersi o temere o subire
discriminazioni e aggressioni».
In Australia, la Melbourne University ha avviato una ricerca nel 2012
che si concluderà nel 2014 e coinvolge 500 minori e 315 genitori gay,
lesbiche, bisessuali e queer: anche i primi risultati suggeriscono che i
bambini che vivono in questi contesti familiari hanno uno sviluppo
normale in termini di benessere fisico, mentale e sociale.
Ha preso posizione anche l’American Academy of Pediatrics a sostegno delle famiglie omogenitoriali e dell’adozione per le coppie gay e lesbiche.
Il 20 marzo 2013 pubblica un importante documento in cui ribadisce le conclusioni di una ricerca pubblicata nel 2006 (Pawelski et al., 2006):
«Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, siano essi uomini o
donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori
[...] Nonostante le disparità di trattamento economico e legale e la
stigmatizzazione sociale, trent’anni di ricerche documentano che l’essere
cresciuti da genitori lesbiche e gay non danneggia la salute
psicologica dei figli e che il benessere dei bambini è influenzato dalla
qualità delle relazioni con i genitori, dal senso di sicurezza e
competenza di questi e dalla presenza di un sostegno sociale ed
economico alle famiglie».
Dai risultati della stessa ricerca è emerso che, su 500 bambini
studiati, nessuno ha dimostrato evidenze di confusione rispetto alla
propria appartenenza di genere, al desiderio di appartenere all’altro
sesso né ha avuto comportamenti di travestitismo.
Inoltre, se è vero che bambini che crescono e vivono in
famiglie omogenitoriali devono battersi maggiormente contro gli effetti
della discriminazione sociale (la stigmatizzazione e
l’atteggiamento omofobico possono essere considerati i soli motivi per
cui l’orientamento sessuale dei genitori può avere influenza sui figli),
i risultati delle ricerche suggeriscono che è il rapporto tra genitori e figli il fattore determinante nel predire la relazione del bambino e dell’adolescente con i pari, piuttosto che variabili strutturali come la composizione della famiglia (Wainright, Patterson, 2008).
In conclusione, adulti equilibrati e amorevoli (uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, bisessuali o trans) possono essere ottimi genitori.
I bambini di coppie gay crescono sani e felici se la coppia è formata
da adulti responsabili e attenti, crescono con disturbi se i genitori
sono poco attenti ai loro bisogni.
Esattamente come accade per una coppia eterosessuale.
Fonte: www.stateofmind.it