Ricerca APO - Atteggiamenti degli Psicologi verso l'Omosessualità
La ricerca, denominata APO – Atteggiamenti degli Psicologi verso l’Omosessualità
– è stata condotta dalla cattedra di Valutazione Clinica e Diagnosi del
Prof. Lingiardi dell’Università di Roma “La Sapienza”, in
collaborazione con i dott. Nardelli, Tripodi e Taurino dell’Università
degli Studi di Bari “Aldo Moro”, cattedre di Psicologia Clinica e
Tecniche di Intervento in Psicologia Clinica dello Sviluppo e l’Ordine
degli Psicologi della Regione Puglia.
La finalità della ricerca consisteva nel rilevare quali siano gli atteggiamenti degli psicologi in merito all’omosessualità ed alle persone omosessuali; nello specifico indagare atteggiamenti, rappresentazioni, sistemi di credenze, modelli culturali e teorici, approcci clinici nei confronti dell’orientamento sessuale.
La ricerca è stata effettuata attraverso la somministrazione
di un questionario costruito appositamente inviato tramite email al 97%
degli iscritti all’Ordine degli Psicologi della Regione Puglia,
raggiungibili con il mezzo informatizzato.
Il questionario era composto da tre parti:
1. Una prima parte finalizzata a rilevare informazioni generale del partecipante: età, stato civile, orientamento sessuale, fede religiosa, orientamento politico, titoli di studio, ambiti lavorativi, abilitazione o meno alla psicoterapia, orientamento teorico,…
2. Una seconda parte utile ad indagare atteggiamenti dello psicologo relativi all’omosessualità ed alle persone omosessuali: posizione in merito a teorie eziologiche della letteratura, atteggiamenti verso il paziente omosessuale e in particolare verso il paziente che richiede un intervento finalizzato al cambiamento dell’orientamento sessuale, atteggiamento degli psicologi verso i colleghi omosessuali, riconoscimento dei diritti civili tra persone omosessuali e capacità genitoriali,…
3. Una terza parte adatta a evidenziare se nella compilazione del questionario vi sia o meno stata una possibile distorsione delle risposte dovuta a fattori di desiderabilità sociale.
1. Una prima parte finalizzata a rilevare informazioni generale del partecipante: età, stato civile, orientamento sessuale, fede religiosa, orientamento politico, titoli di studio, ambiti lavorativi, abilitazione o meno alla psicoterapia, orientamento teorico,…
2. Una seconda parte utile ad indagare atteggiamenti dello psicologo relativi all’omosessualità ed alle persone omosessuali: posizione in merito a teorie eziologiche della letteratura, atteggiamenti verso il paziente omosessuale e in particolare verso il paziente che richiede un intervento finalizzato al cambiamento dell’orientamento sessuale, atteggiamento degli psicologi verso i colleghi omosessuali, riconoscimento dei diritti civili tra persone omosessuali e capacità genitoriali,…
3. Una terza parte adatta a evidenziare se nella compilazione del questionario vi sia o meno stata una possibile distorsione delle risposte dovuta a fattori di desiderabilità sociale.
Del campione contattato mezzo
mail del 97% degli psicologi iscritti all’Ordine, ben 2947
professionisti, i questionari compilati ricevuti sono stati 314.
Una partecipazione inferiore all’11%
degli iscritti, che, come dato, sebbene sia in linea con la
partecipazione alla ricerca di psicologi di altre regioni come il Lazio e
la Campania, ci deve far riflettere.
Di seguito i risultati ottenuti nella ricerca APO – Atteggiamenti degli Psicologi verso l’Omosessualità.
Gli psicologi che hanno risposto al
questionario sono stati prettamente donne (ben l’85% del campione) di un
età media di 36,2 anni. L’orientamento sessuale dei professionisti è
risultato essere per il 95% circa eterosessuale, 1,6% bisessuale e 2,5%
omosessuale. La maggior parte degli intervistati è “credente ma non
praticante” (49,7%), con un 25% di credenti ed un altro 25% con nessuna
fede religiosa. Sotto il profilo professionali l’ambito lavorativo di
elezione è stato quello clinico, per il ben 74,8% del campione, svolto
in un setting individuale per il 61% dei casi; tuttavia coloro i quali
sono abilitati all’esercizio della psicoterapia sono solo il 32% del
campione.
Anche questo dato potrebbe indurre ad
una riflessione, in merito all’età media dei partecipanti alla ricerca
ed in merito all’accesso e conclusione di una formazione
psicoterapeutica.
In relazione alle teorie eziologiche della letteratura, agli atteggiamenti verso l’omosessualità e le persone omosessuali la ricerca ha evidenziato i seguenti dati.
Complessivamente dagli psicologi
intervistati emergono atteggiamenti poco legati a concezioni
patologizzanti dell’’omosessualità.
L’omosessualità, difatti, è
ritenuta una variante normale della sessualità (76% del campione), e non
un sintomo (87%), né una patologia (93%), né l’espressione di uno
sviluppo psicologico incompleto (82%).
In merito agli atteggiamenti è stato
anche indagato l’intervento psicologico finalizzato alla modifica
dell’orientamento sessuale, chiedendo ai professionisti se vi possano
essere delle circostanze in cui uno psicologo possa intervenire per
modificare l’orientamento sessuale. Ben il 60% del campione intervistato
ha risposto negativamente. Chi, invece, ha risposto positivamente (16%)
ha addotto come motivazione principale casi di omosessualità
egodistoica o casi in cui sia il cliente stesso a formulare tale
richiesta.
Per indagare al meglio tale aspetto nel
questionario vi era anche una domanda specifica “Se il cliente
omosessuale esprimesse disagio relativamente al proprio orientamento
sessuale (“omosessualità egodistonica”) pensa che possa essere utile un
intervento psicologico rivolto alla modificazione dell’orientamento
sessuale?”. In tale caso, passando ad un piano più specifico clinico
inerente il disagio riportato da un cliente, più della metà dei
partecipanti ha ritenuto appropriato intervenire.
In relazione agli atteggiamenti generali verso la omossessualità, indagato tramite associazioni con parole target come “Gay”, “Lesbica” e “Omosessualità”.
Non è stato possibile causa eterogenetà
categorizzare all’incirca il 40% delle rispote. Di quelle categorizzate,
invece, il 9% associa l’omosessualità con caratteristiche
stereotipiche, come ad esempio “dolcezza”,
“sensibilità”,”originalità”,…; l’8% con rappresentazione relative
all’ambito della diversità ed il 6% con criticità e disagio.
Uno spunto di riflessione critica sorge
dal vedere come nel 5% dei casi l’omosessualità sia associata agli
uomini, come se fosse un fenomeno prettamente maschile, e solo nel 3,8,%
delle risposte emerge come sia un orientamento sessuale.
Stesso metodo associativo è stato
utilizzato per indagare le rappresentazioni e gli atteggiamenti verso
l’omosessualità attraverso lo stimolo target “Gay” e “Lesbica”; la
parola Gay il 14% dei partecipanti associa la parola omosessuale come
orientamento sessuale ed in seguito l’11% conduce ad una
rappresentazione stereotipica. Anche per il termine “Lesbica” emergono
in maggioranza parole relative a “donna” nel 24% dei casi e relative a
caratteristiche stereotipiche nel 10%. Un dato su cui riflettere è il 4%
di risposte che associano il termine lesbica a termini come “maschio”,
“maschile” e simili; ciò induce a pensare alla presenza di una
concezione dove prevale una confusione tra orientamento sessuale ed
identità di genere.
In relazione, infine, agli atteggiamenti relativi a questioni politico sociali, come i diritti civili delle persone omosessuali, emergono le seguenti evidenze.
L’84% del campione sia
favorevole all’approvazione di una legge che consenta alle coppie
omossessuali di sancire le loro unioni civili; il 60% del campione
ritiene inoltre che le persone omosessuali possano essere buoni genitori
ed, infine, quasi il 98% del campione ritiene che uno psicologo
omosessuale possa essere un valido collega.
L’ultima parte del questionario indagava
la desiderabilità sociale, che nel caso specifico non ha distorto i
dati rilevati, ad accezione fatta degli item relativi al quanto lo
psicologo si sentisse preparato su tematiche relative all’omosessualità.
Quali possibili spunti di riflessione in seguito alla ricerca APO – Atteggiamenti degli Psicologi verso l’Omosessualità?
La preparazione degli psicologi emerge, quindi, come uno spunto di riflessione ed un punto da cui poter partire per programmi futuri di formazione ed aggiornamento.
Una scarsa preparazione, infatti, sembra essere suggerita dall’alta
frequenza di risposte “non so” per esempio negli item relativi alle
ipotesi eziologiche, teorie esplicative.
Ciò che emerge dalla ricerca condotta è
la necessità di fornire ai professionisti della salute mentale una
formazione maggiormente adeguata relativa ad un bagaglio
teorico-metodologico-formativo e pratico-esperenziale che tenga conto
delle evidenze scientifiche che hanno depatologizzato l’omosessualità.
L’omosessualità non è una patologia; ciò su cui sarebbe necessario formarsi e confrontarsi di più è l’omofobia sociale ed il minority stress.
L’omosessualità non è una condizione
patologica, e seppur egodistonica non è ugualmente patologica di per se
stessa, ma sono le condizioni di omofobia sociale e stigma sociale che possono portare a viverla con disagio.
Dalla ricerca, che invito a leggere
integralmente tramite la versione online del Notiziario dell’Ordine
degli Psicologi della Regione Puglia sul sito: http://www.psicologipuglia.it emerge sicuramente un invito al confronto, alla ricerca ed alla diffusione della conoscenza.
Fonte: www.psicologicamenteok.com