Conosciuta
come una delle dimensioni più difficili da esplorare e definire, il
desiderio sessuale è stato negli ultimi due decenni protagonista
quasi assoluto del panorama scientifico internazionale.
Distanziandosi
per un attimo dal contesto delle pubblicazioni scientifiche, è
possibile cogliere tutto il fascino di cui esso è portatore. Il
termine “desiderio” deriva, infatti, dal privativo “de” (mancanza di) con il plurale di “sidus” (stella).
Il desiderare esprime,
dunque, la condizione di colui che percepisce la mancanza delle stelle.
Sembra che il termine abbia avuto origine dal linguaggio degli
antichi aruspici che, trovando il cielo coperto dalle nuvole, non
erano in grado di compiere le loro funzioni divinatorie; in questi
particolari momenti di assenza, si accendeva dunque negli stessi un
desiderio profondo "di riveder le stelle".
Se
l’origine del termine ci viene in aiuto per rendere giustizia alla
complessità dell’argomento, non possiamo non considerare come
nella sfera sessuale questo divenga ancor più vero. Noto come il
risultato di fattori psicologici, relazionali, ormonali, culturali e
sociali, esso è pervaso da miti e credenze: la principale è legata
alle differenze di genere, che vedrebbero le donne come responsive
nei confronti degli uomini costantemente “accesi”.
Una
recentissima ricerca pubblicata dal Journal of Sexsual Medicine ha
l’obiettivo di fare chiarezza in merito a cosa viene desiderato da
uomini e donne. Lo studio, che ha considerato un totale di 406
soggetti (203 uomini e 203 donne) tutti all’interno di una
relazione di coppia duratura, si è servito di un sondaggio online
con lo scopo di indagare gli oggetti principali del desiderio e la
qualità e l’intensità dello stesso.
I
risultati dell’indagine hanno rivelato, come ipotizzato,
significative differenze tra i due generi: mentre gli uomini si sono
dichiarati più propensi a perseguire il desiderio di un rapporto per
dare sfogo alla tensione sessuale, per provare l’orgasmo e per
soddisfare la propria partner, le donne si sono orientate più verso
fattori di relazione; per queste ultime, infatti, le principali
motivazioni riportate sono state il raggiungimento o il
consolidamento di una maggiore intimità, al fine di soddisfare il
bisogno di vicinanza e per sentirsi attraenti per il proprio partner.
I
risultati sono in continuità con quanto espresso dalle ultime
acquisizioni nel panorama scientifico internazionale. Mettendo a
confronto i contributi provenienti da scuole di pensiero differenti,
infatti, si può arrivare ad una stessa matrice, che vede per le
donne la maggiore importanza della relazione e per gli uomini il
prevalere della tensione sessuale del momento.
Nel
corso del tempo il riconoscimento di diversi elementi inibenti o
facilitanti il desiderio sessuale di uomini e donne ha, però,
prodotto alcuni fraintendimenti. Il principale errore di
semplificazione ha voluto per i maschi una sessualità lineare,
automatica e più “primitiva” e per le femmine una complessità
ai limiti del nevroticismo. Ciò ha comportato una sottostima degli
equilibri attinenti la sessualità maschile e, soprattutto, delle
dinamiche possibili tra le due metà del cielo.
Le
ricadute più significative sono state espresse nell’ambito della
clinica dei disturbi del desiderio, accompagnata per tanto tempo da
stereotipi sui ruoli e sui comportamenti sessuali.
Le
nuove frontiere dei trattamenti nell’ambito della sessualità sono
orientate, invece, all’analisi del desiderio secondo una dimensione
attenta alla storia di vita degli individui e al significato della
sessualità nelle fasi attraversate dalla coppia. Tutto questo con
l’obiettivo di valorizzare le differenze e le specificità dei
generi ma anche per rendere conto del vasto territorio che si trova
aldilà dei miti e dei preconcetti, che da sempre vogliono la donna
“dolcemente complicata” e l’uomo “che non deve chiedere mai”.