Il sonno? Un fenomeno che si verifica con tempi diversi nelle differenti strutture cerebrali.
A conferma di questo c’è uno studio italiano, condotto dai
ricercatori dell’Ospedale Niguarda e del dipartimento di Scienze
Biomediche e Cliniche Luigi Sacco, insieme al dipartimento di Psicologia
dell’Università dell’Aquila e di Roma, pubblicato sulla rivista Neuroimage.
La ricerca ha registrato i segni elettrofisiologici
dell’addormentamento nell’ippocampo, struttura cruciale per la
conservazione delle memorie nel nostro cervello, dimostrando che questo
entra in uno stato di sonno prima della corteccia cerebrale (area che
presiede ad alcune delle più importanti attività fra cui le funzioni
cognitive, sensoriali, motorie e di linguaggio). In alcuni casi,
l’ippocampo presenta questo precoce processo di addormentamento fino a
23 minuti prima delle aree corticali, con un intervallo medio di scarto
pari a 11 minuti.
«Tutto è iniziato alcuni anni fa - spiega Lino Nobili, specialista
del Centro di Medicina del Sonno di Niguarda e coordinatore della
ricerca - quando abbiamo iniziato lo studio sistematico
dell’addormentamento nelle diverse strutture cerebrali, sfruttando una
possibilità unica offerta alla ricerca scientifica: l’impianto, per
ragioni diagnostiche, di elettrodi in profondità nel cervello di persone
affette da epilessie resistenti al trattamento farmacologico e
sottoposti ad indagini pre-chirurgiche».
L’idea di base era che le diverse aree cerebrali non si
addormentassero e si svegliassero tutte allo stesso tempo. «Il
mantenimento di uno stato di attivazione, tipico di un individuo
sveglio, in determinate aree cerebrali durante la fase iniziale del
sonno - prosegue - avrebbe spiegato tutta una serie di fenomeni
comunemente sperimentati come ad esempio le allucinazioni ipnagogiche,
ovvero degli stati sensoriali illusori, come una visione o una
percezione uditiva o tattile, che alcune persone riferiscono prima di
addormentarsi».
Lo spegnimento anticipato della “centralina della memoria”
(ippocampo) potrebbe, inoltre, spiegare il fenomeno descritto da alcuni
studi di laboratorio, e sperimentato direttamente da molti di noi,
ovvero l’amnesia degli ultimi contenuti appresi prima di addormentarsi.
«Ecco perché spesso capita di dover rileggere l’ultima pagina del libro
già letta, ma che non ci si ricorda dalla sera prima», sottolinea lo
specialista.
La scoperta permette, inoltre, di comprendere anche particolari
aspetti relativi ad alcuni disturbi del sonno, come ad esempio la
cosiddetta insonnia da mispercezione o insonnia paradossale. Si tratta
di un disturbo in cui il paziente, che lamenta insonnia, presenta
all’esame diagnostico polisonnografico un profilo del sonno
apparentemente normale.
«I nostri studi - conclude Nobili - suggeriscono che il disturbo
potrebbe essere conseguente a una dissociazione marcata tra i tempi di
addormentamento di diverse aree cerebrali. Questi risultati sono in
linea con altre precedenti ricerche portate avanti dal nostro team, che
hanno confermato la coesistenza dello stato di veglia e di sonno nelle
diverse aree del cervello. L’avanzamento delle conoscenze in questo
campo potrebbe contribuire alla comprensione dei meccanismi biologici
alla base di diversi disturbi dissociativi del sonno e non, come per
esempio il sonnambulismo».
Fonte: www.lastampa.it
Fonte: www.lastampa.it