Google+ Assistente Sessuale: Una figura fondamentale – intervista a Giorgia Würth

Assistente Sessuale: Una figura fondamentale – intervista a Giorgia Würth

Siamo un paese di barriere architettoniche, sociali e morali. Ai disabili, esclusi i familiari, non ci pensa mai nessuno. Questa è la sintesi del pensiero di Giorgia Würth, autrice del libro “L’accarezzatrice”, storia di una assistente sessuale, come emerge in un’intervista concessa al Direttore della Fondazione Cesare Serono, Gianfranco Conti. 


Cara Giorgia, innanzitutto, desidero ringraziarla per la per la disponibilità e il tempo che mi sta dedicando. Non le nascondo che quando ho letto la recensione del suo libro, L’accarezzatrice, sono rimasto sbalordito. Onestamente, la conoscevo solo come attrice e apprendere che scrive libri di successo non ha fatto che aumentare la mia considerazione nei suoi confronti. Scoprire poi che il tema che lei affronta in questo romanzo è la sessualità nelle persone disabili, mi ha lasciato a bocca aperta. Ma non è finita! Il colpo di grazia me l’ha dato la lettura del suo libro e il vedere con quale eleganza e, mi lasci dire, competenza/conoscenza del problema ha trattato tutte le implicazioni che la sessualità nei disabili comporta. Mi sono documentato ed ho scoperto che è arrivata alla stesura del suo romanzo dopo anni di ricerca. Né poteva essere diversamente.
Dopo questa lunga introduzione, la prima domanda, scontata, dovrebbe essere sul perché ha scelto un tema così delicato sia sotto il profilo etico che sociale. Ho letto che a una simile domanda lei ha già risposto che i tabù la intrigano, li studia e li combatte. Come mai tra tanti ha scelto il tabù della sessualità dei disabili?
Intanto grazie, grazie davvero per le sue parole che mi rendono felice!
Dunque, è vero, io sono attratta da tutto ciò che è distante da me e che non conosco. La fase di ricerca è quella che preferisco quando decido di scrivere un libro, perché è quella che mi arricchisce e mi fa scoprire mondi nuovi, come in questo caso.
Io sono mezza svizzera, e in Svizzera esiste l’assistenza sessuale alle persone diversamente abili. Fino a cinque anni fa non ne avevo mai sentito parlare, poi mi sono imbattuta in un articolo che parlava proprio di questo, mi sono incuriosita e ho iniziato a “scavare” un po’, finchè mi sono innamorata di questo argomento tanto da scriverci una storia. 

Nella sua lunga ricerca sarà sicuramente entrata in contatto con realtà e situazioni delicate e disperate. Mi può dire cosa l’ha colpita di più in questo lungo percorso?
Le cose che mi hanno colpito sono tantissime. Questa ricerca mi ha regalato incontri con persone meravigliose, disperate, ma così ricche di dignità e di coraggio. Tra tutte, ascoltare i racconti di alcune madri costrette a masturbare i propri figli perché non trovano alternative, è stata una pugnalata al cuore. Come quelli di persone diversamente abili che accettano di subire abusi sessuali anche in questo caso perché non hanno alternativa. Certe cose non possono, non devono più succedere. 

Ho letto in una sua intervista che in qualche momento si è sentita invidiosa di Gioia, la protagonista. Mi può spiegare perché?
E’ vero! Gioia all’inizio del libro non è certo in un momento felice della sua vita, anzi. Direi che è nel suo punto più basso. Perde il lavoro di infermiera, il suo fidanzato la lascia e suo padre è ricoverato in ospedale. Eppure trova la forza per rialzarsi, ricominciare, mettersi in gioco e, non senza rischi, iniziare una nuova vita. In questo percorso incontrerà delle persone che l’aiuteranno a scoprire una parte di sé che non pensava di avere, ed una in particolare le farà battere il cuore come mai le era successo prima. Ecco perché, sotto sotto, un po’ la invidio! 

In Italia, inutile negarlo, il disabile non ha la considerazione che dovrebbe avere, figuriamoci poi se un disabile vuole fare sesso, anzi lo reclama come un suo diritto. Tabù su tabù. Qual è la sua opinione in merito?
Siamo un paese di barriere. Architettoniche, sociali e morali. Ai disabili, esclusi i familiari, non ci pensa mai nessuno. Tanto meno la politica, che con i tagli e le disattenzioni, li ghettizza ulteriormente. In questo contesto tragico, spesso mi sento dire: “Con tutti i problemi che hanno, chi se ne frega del sesso!”. In realtà, chi è impossibilitato a toccare il proprio corpo, manifesta enormi disagi, come violenza, esibizionismo, masochismo. Tutti sintomi che vanno a penalizzare una situazione già estremamente difficile. E, alla fine, chi deve affrontarla è sempre la famiglia. Ecco perché penso che quella dell’assistente sessuale (sia donna che uomo) non solo sia solo una figura importante, ma fondamentale. 

L’assistente sessuale, la professione scelta dalla protagonista del suo romanzo, in Italia non è riconosciuta. Proprio in questi giorni è stata presentata una proposta di legge. Anche se immagino la risposta, mi può dire cosa ne pensa?
Come dicevo, sono assolutamente favorevole e, nel mio piccolo, farò di tutto affinché questo “sogno” possa concretizzarsi. Il diritto di scelta su temi così intimi e personali è fondamentale.
 
Non vi è dubbio che la sessualità nei disabili è un tema di grande spessore etico e sociale, che lei ha trattato, come ho già detto, con eleganza, sensibilità e cognizione di causa. Continuerà a dare un suo contributo o passerà ad affrontare un altro tabù? O tutte e due le cose?
Sto facendo un lungo tour in tutta Italia per cercare di far capire che cos’è l’assistenza sessuale. Tantissime persone non hanno la minima idea di cosa si tratti, ma poi quasi tutti rimangono affascinati e vogliono saperne di più. Credo che parlarne sia il primo, fondamentale passo per raggiungere l’obiettivo. Sono sempre in stretto contatto con associazioni, psicologi, assistenti sessuale, e insieme stiamo facendo una battaglia impegnata! Nel mio prossimo libro, invece, affronterò un altro tabù. Ma ancora è un tabù persino per me! 

Un’ultima domanda. Dopo questa “full immersion” nel mondo drammatico della disabilità, si sente in qualche modo cambiata? Se si, come?
Questo viaggio mi ha cambiata in modo profondo. E’ come se vedessi tutto da un altro punto di vista, da un’altra prospettiva. Sono molto più ricettiva, e imparo qualcosa da ogni incontro che la vita mi regala.

Fonte: http://blog.disabilitasenzabarriere.it